"Le fiabe di Beda il Bardo"

-traduzione-

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  1. »Padraig Oddsson
     
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    Tales+of+Beedle



    Trattasi di un libro tenuto in biblioteca per la consultazione da parte degli studenti sia di Antiche Rune, che di altre materie.
    Non è permesso prenderlo se non con l'autorizzazione dei professori, per il semplice fatto che molti temono che diversi compiti di Antiche Rune sarebbero copiati.
    La serie di volumi in particolare è la traduzione recentissima ad opera di Hermione Granger, nota maga inglese, riportata in lingua Islandese.
    Alla fine di ogni fiaba è stata trascritta una piccola annotazione redatta da Albus Silente, noto mago , Ordine di Merlino prima classe, morto durante il suo periodo di presidenza a Hogwarts.


    Troverete in questa discussione i riassunti presi da diversi siti.
    Per la consultazione del libro vero e proprio compratevelo o se volete fate una ricerca più approfondita.


    Il mago e il Pentolone salterino
    La storia narra di un anziano mago sempre benevolo nei confronti dei propri vicini babbani, che morì improvvisamente lasciando in eredità al proprio figlio i suoi averi più preziosi. Questi però, era un giovanotto disinteressato nell'aiutare gli altri e accortosi che l'unica eredità ricevuta dal padre era un vecchio pentolone con dentro una pantofola, lo buttò via adirato. Con il passare dei giorni tuttavia, i vicini cominciarono a chiedere incantesimi per risolvere i loro problemi, come solevano fare con l’anziano padre, ma ogni volta il giovane insensibile si rifiutava categoricamente di eseguirli. D’un tratto, non appena il giovane ebbe chiuso la porta in faccia ai propri vicini bisognosi, il vecchio calderone del padre prese vita, e cominciando a saltellare rumorosamente su un unico piede metallico, cominciò a riempirsi di tutti i malanni che i vicini avevano portato con sé e che il giovane mago si era rifiutato di curare. Il giovane tentò di disfarsi del calderone, ma tutto era vano, e ad ogni rifiuto del mago di aiutare i propri vicini, il suo interno diveniva sempre più colmo di malanni, urla e pianti, che il calderone portava all’attenzione del proprietario saltellandogli sempre rumorosamente a fianco. Infine, disperato ed esausto, il mago capì che il defunto padre aveva voluto impartirgli una lezione pesante ma importante, ed uscito di casa cominciò a darsi da fare per offrire aiuto a chi lo chiedeva; terminato il proprio compito, infilò la pantofola al piede metallico del calderone e partì con la sua nuova missione verso il tramonto, con il calderone (ora silenzioso) che gli saltellava sempre fedele a fianco.


    Annotazioni:
    La prima fiaba di Beda, secondo le annotazioni di Silente, venne abbastanza criticata dalla comunità magica. Questo per via della lezione morale impartita dalla fiaba stessa, ovvero la tolleranza e la cura verso la gente non magica, comunemente nota dai maghi come Babbani. Infatti Beda era piuttosto avanti per i suoi tempi, visto che nel quindicesimo secolo si erano già tristemente consumate cacce alle streghe da parte dei Babbani. Ciò portò nei maghi il disprezzo verso di essi e coloro che, nonostante la supposta superiorità data dalle innate abilità magiche, vi si relazionavano. Venne addirittura scritta un'altra versione della fiaba, secondo cui un mago perseguitato dai suoi vicini Babbani fa scatenare il suo Pentolone gigantesco, che ingoia tutti gli abitanti; alla fine, arrivando ad un compromesso, il mago viene lasciato agire nei suoi esperimenti magici mentre il Pentolone rigetta fuori le sue vittime. Sembra che ancora oggi diverse famiglie dal pensiero spiccatamente anti-Babbano continuino a raccontare questa versione ai loro figli. La fiaba venne anche modificata da Beatrix Bloxam (1794-1910) nel suo libro Le Fiabe del Funghetto in una versione molto più mielosa e buonista, con l'ovvia intenzione di preservare l'innocenza dei bambini: tuttavia tale scopo non venne mai raggiunto dal momento che la lettura di tali fiabe provocava spesso nei bambini maghi violenti attacchi di nausea e vomito, che portarono al totale bando di tali fiabe.



    La fonte della buona sorte
    La seconda fiaba narra le avventure di tre streghe, Asha, Altheda e Amata, e di un cavaliere Babbano, Messer Senzafortuna. Tutti e quattro erano infelici: Asha era malata incurabilmente, Altheda era stata derubata di tutto da uno stregone, Amata era stata abbandonata dal suo amore e il cavaliere era (come dice il nome) sfortunato. Per lenire il dolore, i quattro decisero di dirigersi verso la Fonte della Buona Sorte, dove avrebbero deciso chi sarebbe stato il fortunato a potersi bagnare. Sulla strada per la Fonte i viaggiatori incontrarono tre Sfide che bloccarono loro il passaggio, esigendo come pedaggio ad ognuno dei viaggiatori una prova della loro sofferenza. Ognuna delle tre streghe si adoperò per riguadagnare la via: Asha donò le proprie lacrime, Altheda le gocce del proprio sudore e Amata i ricordi felici del suo perduto amore. Infine i quattro pellegrini arrivarono alla Fonte, talmente stremati e deboli che la malata Asha cadde al suolo svenuta: Altheda subito si adoperò per miscelare una potente pozione che Asha bevve ormai prossima alla morte, ed il filtro la guarì completamente. Improvvisamente le tre streghe capirono che nessuna di loro sentiva più il bisogno di bagnarsi nelle acque della fonte miracolosa: Altheda realizzò di poter essere una capace Guaritrice e potersi togliere dalla povertà; Amata, che aveva ceduto i ricordi del suo amato, si rese conto di non soffrirne più della perdita; Asha, ormai guarita, avrebbe potuto continuare la propria vita serenamente ed in salute. Messer Senzafortuna capì quindi di essere il fortunato vincitore e bagnatosi nelle acque magiche, chiese la mano ad Amata che accettò. I quattro se ne andarono immensamente felici, ignari che in realtà la Fonte non possedeva e non aveva mai posseduto alcun potere magico.


    Annotazioni:
    La seconda storia di Beda viene detta dal professor Silente abbastanza popolare tra i piccoli maghi, un classico nel suo genere. Così popolare che si provò ad inscenare una recita a Hogwarts durante gli anni in cui Silente era insegnante di Trasfigurazione e Armando Dippet era Preside. Purtroppo la recita fu destinata ad essere ricordata come disastrosa e senza eguali (non se ne fecero più altre dopo questa); tale disastro venne provocato sia da un triangolo sentimentale (del tutto ignorato dagli insegnanti organizzatori) che esisteva tra gli allievi-attori che interpretavano Amata, Messer Senzafortuna e Asha (culminato con un tumultuoso duello magico), sia dal fatto che una delle sfide sul cammino della fonte (un gigantesco serpente) si rivelò in realtà essere un pericoloso Ashwinder sottoposto ad un Incantesimo di Ingozzamento, che esplose in un guizzo di fiamme danneggiando la Sala Grande e provocando non pochi feriti. Nonostante la sua popolarità anche la fiaba ebbe il suo numero di detrattori, come per Il Mago e il Pentolone Salterino. Questo era specialmente dovuto ad una serie di lamentele riguardo al matrimonio tra maghi e Babbani incarnato da Amata e Messer Senzafortuna.



    Lo stregone dal Cuore Peloso
    La terza fiaba è la più oscura delle cinque. Racconta delle vicende di uno stregone che disprezzava l'amore per la debolezza che a suo giudizio esso arrecava e che per isolarsi da qualunque legame affettivo si inabissò nelle Arti Oscure. Dopo molti anni, lo stregone sentì due servi parlare di lui, l'uno provando pietà, l'altro deridendolo. Offeso e per ripicca, decise di trovare moglie, per suscitare l'invidia altrui. Il giorno dopo conobbe una bellissima strega e cominciò a corteggiarla, ritrovandosi però davanti al dubbio di lei per l'improvviso cambiamento. Ad una festa, lei gli confidò che avrebbe ricambiato il suo amore se avesse dimostrato di avere un cuore. Lo stregone la portò nei sotterranei del suo castello, dove in uno scrigno di cristallo vi era rinchiuso il suo cuore, peloso e deforme a causa di nefande magie. Lei, piena di orrore, gli chiese di rimetterlo al suo posto, nel proprio petto, e lui così fece. Alla festa gli invitati, non trovando i due da nessuna parte, li cercano dappertutto. Alla fine giunti nelle cantine, vennero colti dal raccapriccio quando videro lo stregone ormai reso folle dal suo cuore oscuro, con il cuore della strega in mano e il corpo di lei ai suoi piedi. Voleva sostituire il suo cuore con quello puro della donna, ma il suo cuore contorto e irsuto era selvaggio e si rifiutava di abbandonare il corpo. Così lo stregone se lo strappò di petto e, con entrambi i cuori in mano, morì.


    Annotazioni:
    La fiaba non ha mai ricevuto critiche come le due precedenti. Anzi la sua versione è rimasta del tutto intatta nei seguenti secoli. Secondo Silente questo fu dovuto al fatto che la fiaba è un importante memento a non abusare della Magia Oscura, né oltrepassarne i limiti che porterebbero alla degenerazione umana. Inoltre si parla della ricerca dell'immortalità da parte dell'uomo, sottolineata dall'orribile somiglianza fra l'oscurità delle magie praticate dello stregone sul proprio cuore con la creazione degli Horcrux. Tuttavia la fiaba viene raccontata ai bambini solamente quando sono abbastanza grandi da non avere incubi di ogni sorta. La Bloxam mancò di citare questa fiaba nella sua opera perché non seppe mai adattarla per le piccole orecchie dei bambini, fatto notevolmente influenzato dal trauma infantile occorsole ascoltando il racconto che una sua zia faceva ad una sua cuginetta, origliando alla porta.



    Baba Raba e il ceppo ghignante.
    In un regno lontano un Re, avido e folle, decise di tenere tutta la magia per sé. Così formò una Brigata di Cacciatori di Streghe e cani da caccia per catturare maghi e streghe del suo regno, e al contempo decise di assumere un mago istruttore e apprendere le arti magiche. Venuta a sapere delle iniziative del re, la comunità magica si nascose, ma un ciarlatano, avido di ricche ricompense, si presentò come mago alla corte del Re e si offrì di istruire il monarca. Con stupidi trucchi, l'imbroglione "istruì" il Re sulla magia. Ma un giorno una lavandaia del re, Baba, vedendo i due esercitarsi nel giardino del castello, rise degli sciocchi trucchi del Re. Questi, offeso, dichiarò che avrebbe eseguito degli incantesimi davanti a tutto il popolo: se il popolo lo avesse deriso, lui avrebbe condannato a morte il ciarlatano. Il ciarlatano, spaventato ed infuriato, si diresse verso la casa di Baba con l'intenzione di punirla, ma sbirciando da una finestra scoprì che Baba era una vera strega. Colta l'occasione al volo minacciò la strega di denunciarla se lei non avesse eseguito tutti i trucchi del Re, e così Baba accettò. Il giorno dell'esibizione, il Re, agitando scioccamente un rametto, fece sparire un cappello e levitare un cavallo (tutti incantesimi che in realtà erano opera di Baba, nascosta dietro un cespuglio). Ma quando il Re volle resuscitare un cane morto avvelenato fallì nell'impresa, facendo ridere il popolo. Terrorizzato, il ciarlatano denunciò Baba e tutti gli astanti si lanciarono al suo inseguimento all'interno di un bosco. Improvvisamente si fermarono sotto un albero ghignante e il ciarlatano ordinò che venisse abbattuto. Ma il ceppo, che era in realtà Baba, ghignò e avvertì che maghi e streghe non muoiono se segati in due: chiese quindi di provarlo sul ciarlatano, che impaurito confessò tutto. Dopo che quest'ultimo finì in prigione, Baba chiese al Re la fine alla caccia alle streghe e la costruzione di una sua statua dorata a lei dedicata. Il Re, umiliato, eseguì gli ordini. Infine, quando tutti se ne furono andati, un coniglio con una bacchetta in bocca uscì da sotto il ceppo, e se ne andò saltellando. Nessuno cacciò più i maghi e le streghe da quel regno e Baba continuò serena con la propria vita.


    Annotazioni:
    Silente afferma che la storia è in un certo senso la più realistica fra tutte quelle di Beda. Si viene a conoscenza di una delle regole fondamentali della magia: nessun incantesimo riporta in vita i morti. Molti bambini maghi rimangono delusi sentendosela raccontare, credendo che i propri genitori siano in grado di ridare la vita ai propri animaletti domestici morti. Altra novità fu l'introduzione letteraria degli Animagi, maghi capaci di trasformarsi in animali, anche se con qualche licenza letteraria, in quanto Beda vuole dare a vedere che gli Animagi riescano a parlare nella forma animale, cosa mai riscontrata. Un altro aspetto messo in luce da questa particolare fiaba è l'ignoranza dei Babbani riguardo ai poteri di un mago, ignoranza che secondo l'autore bisognerebbe perdonargli, senza abbandonare i propri simili non magici.



    La storia dei tre fratelli
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    C'erano una volta tre fratelli che viaggiavano lungo una strada tortuosa e solitaria al calar del sole. Dopo un po' i fratelli giunsero ad un fiume troppo pericoloso da attraversare. Essendo versati nelle arti magiche ai tre fratelli bastò agitare le bacchette per costruire un ponte. Ma prima di poterlo attraversare, trovarono il passo sbarrato da una figura incappucciata: era la Morte. Si sentiva imbrogliata perché di solito i viaggiatori annegavano nel fiume. Ma la Morte era astuta: finse di congratularsi con i tre fratelli per la loro magia e disse che meritavano un premio per la loro abilità a sfuggirle. Il maggiore chiese una bacchetta più potente di qualsiasi altra al mondo, così la Morte gliene fece una da un albero di sambuco che era nelle vicinanze. Il secondo fratello decise di voler umiliare la Morte ancora di più e chiese il potere di richiamare i propri cari dalla tomba. Così la Morte raccolse una pietra dal fiume e gliela offrì. Infine la Morte si rivolse al terzo fratello, un uomo umile. Lui chiese qualcosa che gli permettesse di andarsene da quel posto senza essere seguito dalla Morte. E così la Morte con riluttanza gli consegnò il proprio mantello del invisibilità. Il primo fratello raggiunse un lontano villaggio armato della bacchetta di sambuco e uccise un mago con cui in passato aveva litigato. Inebriato dal potere che la bacchetta di sambuco gli aveva dato, si vantò della sua invincibilità. Ma quella notte un altro mago rubò la bacchetta e per buona misura gli tagliò la gola. E così la Morte chiamò a sé il primo fratello. Il secondo fratello tornò a casa, tirò fuori la pietra, la girò tre volte nella mano. Con sua gioia la ragazza che aveva sperato di sposare prima della di lei morte prematura, gli apparve. Ma presto ella divenne triste e fredda perché non apparteneva al mondo dei mortali. Reso folle dal suo desiderio il secondo fratello si tolse la vita per unirsi a lei. E così la Morte si prese il secondo fratello. Riguardo al terzo fratello, la Morte lo cercò per molti anni ma non fu mai in grado di trovarlo. Solo quando ebbe raggiunto una veneranda età, il fratello più giovane si tolse il mantello dell'invisibilità e lo donò a suo figlio, poi salutò la Morte come una vecchia amica e andò lieto con lei, congedandosi da questa vita da pari a pari.


    Annotazioni:
    La lezione morale impartita da Beda è che nessuno può sconfiggere la Morte ed evitarla. Ironicamente, nonostante il semplice principio enunciato con chiarezza nella fiaba, nacque nei secoli la leggenda dei Doni della Morte, tre oggetti dagli incredibili poteri che avrebbero donato al suo fortunato possessore il titolo di 'Padrone della Morte', inteso come essere invulnerabile o immortale (esattamente il contrario di ciò che la fiaba si propone di esemplificare).
     
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